Mr.Robot (1)

Sarò sincero, non sono un grandissimo fan della serie, mi piacciono gli aspetti tecnici, tecnologici ed etici ma ne detesto tantissimi altri come i soliti stereotipi dell’hacker solitario e schizzato e una narrazione eccessivamente contorta che sembra utile al solo ego del regista piuttosto che all’intrattenimento dello spettatore.

La prima puntata è stata una vera rivelazione, uscita in Italia nel marzo del 2016, non si era mai vista una serie tv così accurata dedicata al mondo degli hacker, ma poi mano a mano che la storia cominciava a crescere apparivano elementi che diventavano più disturbanti che interessanti. Certo all’inizio vedi il protagonista che sembra semplicemente un povero ansiogeno che ha bisogno di “farsi” per ritrovare il proprio equilibrio interiore, ma poi scopri che la situazione è ancora più assurda.

La prima serie è tutta giocata sulla lotta tra Eliott Alderson (hacker buono) e Mr.Robot (hacker cattivo) per poi scoprire…..

+++ ATTENZIONE DA ORA IN POI SPOILER +++

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……che si tratta di un moderno Dr.Jekyll e Mr.Hyde, con Eliott vittima di un bipolarismo e un alzheimer così galoppante da rendere l’intera faccenda realistica come l’hacking del DoD in “Codice Swordfish. Tutto questo senza contare che lo scopo della fantomatica fsociety è quello di lanciare un gigantesco ransomware alla E Corp (una mega multinazionale che sembra un mix tra Apple, JP Morgan ed Enron) per criptare tutti i loro dati. L’attacco va a buon fine e l’intero mondo occidentale si trova liberato dai debiti perché le banche (in un sorta di assurdo ed improbabile effetto domino) non riescono più ad accedere ai propri file (database, documenti e tutto ciò che si può trovare in un file system).

Sembra un po’ il finale di Fight Club (e non è l’unico riferimento a questo film) quando la semplice idea di demolire i grattacieli che custodiscono gli archivi delle compagnie di credito sia sufficiente per liberare il popolo dai debiti verso di esse. Che è un po’ come pensare di risollevare l’economia italiana semplicemente uscendo dall’euro, così per dire.

Ma il peggio deve ancora venire e la seconda serie sarà il tema della prossima puntata.

 

Hello world!

Se penso che il primo approccio col mondo dei computer l’ho avuto con un Commodore 64 e, nonostante questo, mi sia innamorato follemente di questo universo, rende l’idea di quanto fosse lontana l’informatica degli anni’80 rispetto a quella odierna.

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Già perché internet esisteva solo come network tra alcune università americane, il concetto di World Wide Web non era neppure nei pensieri del buon Tim e l’unica fonte di informazione erano le riviste specializzate come MC Microcomputer, Chip e Bit. Certo c’erano le BBS ma se non vivevi in una grande città era un modo piuttosto costoso per collegarsi ad altri computer.

Passare gran parte del tempo a digitare listati chilometrici che trovavi nelle riviste era un’operazione inizialmente eccitante ma frustrante quando non funzionava nulla per colpa di qualche errore di battitura o di un refuso tipografico.

Personalmente non ritengo quel periodo particolarmente magico, preferisco di gran lunga quello attuale, almeno dal punto di vista informatico, anche se per certi versi l’incredibile rumore di fondo che il mondo interconnesso genera non giova alla tranquillità quotidiana.

“Hello World” non è solo la prima frase che un programmatore manda in output quando comincia ad imparare un nuovo linguaggio ma è anche il post d’inizio di un qualsiasi blog. Mi auguro quindi che possa essere il primo di una lunga serie.

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